La mia esperienza inizia da molto lontano, quando sentivo un mio vicino urlare dalla terrazza contro qualche suo coinquilino per chissà quale motivo. Quella stessa persona poi la vedevo passare davanti a casa mia col cane e guai se qualcun altro lo incrociava col proprio cane e quest’ultimo abbaiava al suo. Erano altri improperi e sfuriate contro il proprietario dell'altro animale. Anch’io lo evitavo e se lo vedevo da lontano quando uscivo di casa, mi dirigevo dalla parte opposta per non dargli motivo di urlarmi dietro.
Pensare ai problemi di persone a me estranee non mi riguardava. Non era un problema mio se uno sconosciuto si trovava nei guai, avrà pure qualcuno che si prenderà cura di lui; non mi ponevo la questione, anzi la accantonavo per non stare male.
Ma dentro di me sentivo che così non ero molto in sintonia con la scelta di seguire l’insegnamento di un Dio che è AMORE.
Pian piano quindi ho iniziato a non evitarlo più quando lo incontravo e poi a salutarlo sempre più calorosamente. Finché un giorno non mi ferma e mi confida che presto sarebbe andato in pensione, ma era preoccupato perché per lui fino a quel momento era esistito solo il lavoro e temeva di non riuscire ad organizzare bene il suo tempo. In seguito, felicissimo, mi dice che ha scelto di aiutare un’associazione che esegue il trasporto di persone disabili.
Quando gli viene diagnosticato un tumore ai polmoni, mi confida che ha molta paura e mi chiede di pregare perché possa superare questo momento. Anche sua moglie mi chiede di pregare per lui e chiede anche l’aiuto della comunità parrocchiale perché, anche se non sono credenti, sentono che da soli non possono affrontare questa prova. L’intervento riesce bene e con l’attenzione e l’amore della moglie riesce a superare il momento.
Dopo poco tempo, un giorno mi viene incontro piangendo perché ha saputo che ora è sua moglie che ha un tumore, anzi due, e non c’è speranza. Continua una serie fitta di confidenze sulla situazione di salute di sua moglie e sulle difficoltà che lui ha nella gestione della casa, lasciata sempre fino ad allora alla moglie. Ha due figlie ma avendo la loro famiglia sono poco presenti. Durante l’estate di quest’anno la moglie si aggrava e velocemente lo lascia solo. Viene sopraffatto dallo sconforto e si lascia andare al gioco, all’alcool e si sente abbandonato dal mondo intero. Le figlie, pur sapendolo in crisi, non riescono a superare le difficoltà che tuttora hanno nel rapporto con lui e quindi non lo sostengono. Questo lo porta sempre più in basso e si viene a trovare schiavo del vino e del gioco e preda degli strozzini.
Durante le numerose passeggiate col cane, quando mi incontra mi si avvicina e piange come un bambino perché senza la moglie non sa più con chi parlare e confidarsi visto che anche le figlie lo hanno allontanato. Allora comincio a prendermi carico delle sue pene assieme a mia moglie e, per farla breve, ora si trova seguito dalla Caritas e da persone che lo hanno in cuore. C’è ancora tanto da fare prima di aver sistemato tutto, perché c’è l’affitto da gestire per evitare lo sfratto, ci sono i debiti di gioco e del fumo che rischiano di strozzarlo, c’è l’aiuto psichiatrico che potrebbe essere più attento, ecc. ecc., ma almeno ora non dice più di sentirsi abbandonato e per ora ha ritrovato un motivo per tirare avanti. Non avendo lui il conforto della fede spero che almeno senta il conforto di persone che ora lo sentono fratello e non un peso.
E ora mi trovo a provare cosa significa avere a cuore una persona al di fuori della famiglia.
Significa ricevere telefonate più volte al giorno anche solo per chiedere conferma di un appuntamento con la Caritas, col dottore del Sert, con l’assistente sociale, oppure per dirmi di un creditore che lo ha minacciato o una finanziaria che vuole soldi, ecc. Oppure ricevere una telefonata da X e sentirmi dire da lui, ubriaco fradicio, che vuole disdire tutti gli appuntamenti e che vuole mandare tutto all’aria perché è stanco di girare avanti e indietro per non risolvere nulla. La mattina dopo mi richiama per dire che ha cambiato nuovamente idea e vuole proseguire, per fortuna. Il paradosso è che non posso neanche dargli torto perché mentre si cerca di spianare una situazione tutto gli si ritorce contro. A momenti sembra che si possa vedere uno sbocco e subito il diavolo ti caccia davanti un altro problema.
Spesso mi trovo a chiedere al Signore se tutto questo sia giusto. Perché a persone che non hanno nessuno con cui condividere le loro pene si ritrovano con un carico così pesante da dover sopportare? Mi rispondo che forse questo mio vicino non è completamente solo perché ci sono ancora io e che se mi trovo ora in questa situazione nei suoi confronti non è “per caso” e il Signore si aspetta che sia io a prendermi cura di lui assieme al sostegno di tante persone della comunità che sanno cosa sto vivendo. Chiunque si sia preso cura della sua situazione mi contatta per avvertirmi dei passi avanti o delle delusioni che invece si ricevono quando le risposte non sono piacevoli. Chiamano me perché lui manderebbe tutti a quel paese e farebbe saltare ogni progetto. Nonostante il nostro aiuto finanziario considerevole ora si ritrova col conto bloccato, con la richiesta all’associazione che avrebbe dovuto finanziare il suo rientro coi debiti che non può andare avanti perché lui non collabora per farsi curare; con l’affitto che avendo il conto bloccato da una finanziaria che ha delle rate scadute e non pagate, non potrà più essere pagato; le bollette che andranno tutte insolute, ecc.
Verrebbe veramente la voglia di mollare, ma sento dentro di me una grande pace, pur nel dolore e nella preoccupazione per lui. La pace mi viene proprio dal fatto che sento forte la certezza che è stato il Signore che mi ha presentato questa persona ed ora vuole che mi fidi solo del Suo aiuto; cerca di farmi capire che non è certo la mia inesperienza che potrà aiutare il mio vicino e neanche la Caritas o i Servizi Sociali, ma solo la certezza che è Lui a prendersene cura tramite me. A questo punto non mi resta che usare le parole di papa Francesco: “….e non dimenticate di pregare per me!”
V.S.